Dante Ciurè: stolz de so esser

“A Moena, grazie a Dio, poco è cambiato. il Dante verso sera continua e menare le capre dal pascolo a colpi di fischio attraverso i denti”.
IMG-4686 (1)
(Fotografia da Giorgio Jellici “Richard Löwy un ebreo a Moena. Dalla Grande Guerra alla Shoah”. Istitut Cultural Ladin, Grop Ladin de Moena, Vigo di Fassa-Moena 2004)
Sono le parole che Richard Löwy scrive alla maestra Valeria, in vacanza a Riccione.
#RichardLöwy1939 #ValeriaJellici
Eccolo qui, il Dante Ciurè (Giovanni Volcan), in un bellissimo ritratto di Mauro Chiocchetti!
Dante Ciurè
Tempera su supporto di compensato cm70x70.  Esecuzione seconda metà degli anni ’70.

Raccolgo di seguito la gustosa descrizione di Dante Ciurè pubblicata da Mauro Chiocchetti sulla sua pagina FB.

Ritratto di Dante “ciurè” pastore a “domicilio” nonché “Re Laurin ” nelle sfilate folkloristiche estive degli anni ’70 a Moena.

È il ritratto di Giovanni Volcan più comunemente conosciuto a Moena col sopranome di “Dante ciurè”. Dopo la seconda guerra mondiale conobbe in paese molta notorietà in quanto ritenuto dai moenesi il pastore per antonomasia. I postumi della guerra lasciarono a Moena, come nel resto d’Italia, fame e miseria. Tuttavia ogni famiglia moenese aveva un orticello da coltivare e qualche pecora o capra, l’ animale assurto a gloria perpetua e tanto elogiato dal critico d’ arte più noto d’Italia. Dante, con la puntualità di un orologio svizzero, passava tutte le mattine raggruppando a sé tutte le capre portandole al pascolo sopra l’abitato di Moena verso il passo San Pellegrino. La sera, con la consueta calma che contraddistingueva il suo carattere, riportava a casa il gregge, per poi il mattino successivo ripetere le stesse operazioni del giorno prima. Dante fu persona laboriosa, umile e ingenua. Non ebbe in vita nessuna particolare esigenza e non chiese mai nulla a nessuno. Il contatto con la natura fu il suo pane quotidiano, ma fu pure il motivo essenziale della sua pace interiore. Certamente il lavoro di pastore non gli procurò ricchezza.

Ebbe la soddisfazione di vivere la propria vita all’aria aperta, sotto il sole o sotto la pioggia a lui ciò poco importava, perché la “chiave della felicità” l’ aveva trovata nel lavoro che svolgeva, con competenza e passione. Con le tasche vuote ma sostanzialmente felice del poco che aveva, perché la sua ricchezza stava tutta dentro alla sua anima candida e incontaminata.

E Pierangelo Jacomuzzi racconta un divertente aneddoto.
Mentre Dante torna con le sue capre in Piazza Ramon, un tizio scende arrabbiato dall’auto. Il Dante ha osato fermare la corsa della sua automobile:” Lei non sa chi sono io si sposti”.
Il pastore gli risponde  “Lei non sa chi sono io!”
e l’altro, ancora più arrabbiato: “E chi sarebbe lei?!?”…
“Io sono Dante il capraio!!!”
…stolz de so esser, te so post e tel giust… (orgoglioso di quello che era, al suo posto, quello giusto..)
Infine, in versione Re Laurino (grazie a Massimo Croce per le immagini).

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