Anche Busto Arsizio ha il suo san Cristoforo! A Palazzo Marliani Cicogna, si trova una statua del santo scolpita nel 1939 da Karl Obwegs e donata alla chiesa di sant’Anna dal RACI, il Real Automobil Club Italia.
In occasione di questo dono è stato realizzato un fascicoletto di accompagnamento che contiene la leggenda di san Cristoforo in bustocco. Ascoltatela in dialetto: senza paura, ve la traduco! FANTASTICA!
Basandoci sul libro ‘Storia di San Cristoforo’ di Stefano Borsi, ricostruiamo la biografia di san Cristoforo: soldato della tribù dei Marmaritani, divenuto cristiano ad Alessandria, obiettore di coscienza ad Antiochia, arrestato e martirizzato al tempo di Massimino Daia. Grazie a Stefano Borsi, a Pier Giuliano Cecchi e a Sonia Ercolini
Immagini tratte da Wikimedia Commons
Bibliografia
Stefano Borsi, Storia di san Cristoforo. Origini e diffusione di un culto tra mito e realtà, Libria 2017
In viaggio con san Cristoforo. Pellegrinaggi e devozione tra Medio Evo e Età moderna, a cura di Loretta Mozzoni e Marta Paraventi, Giunti, 2000
Pittura murale in Val di Fassa, a cura di Angela Mura, Vigo di Fassa, 2000
Winterle, L’iconografia di San Cristoforo in Val di Fassa, in Mondo Ladino 15 (1991)
Micheli, Iconografia dell’anno mille
De la Pierre, Pizzi, Bordon, San Cristoforo iconografia e restauro
Paraventi, San Cristoforo protettore dei viandanti e dei viaggiatori
Bertozzi, Iconografia di S. Cristoforo nel territorio locale
Riprendiamo l’incipit della Legenda aurea. Cristoforo si chiama così perché ha portato Cristo in quattro modi
1. Sulle spalle (secondo l’iconografia tradizionale, come vediamo a Reichenau; secondo l’immagine san Cristoforo re, come vediamo a Follonica, Ossuccio e Barga),
2. nella macerazione del corpo (quanto è stanco il san Cristoforo di Joachim Patinir, dell’Albergo san Giovanni di Vigo di Fassa, nella Pinacoteca Civica di Ascoli Piceno!)
3. nella mente: guarda come il santo guarda il Bambino, secondo Tiziano e Lorenzo Lotto
4. nella bocca. San Cristoforo predicatore e martire è, nella rappresentazione orientale, un cane. Alla fine vedremo il rapporto fra Cristoforo e il cane (dai cinocefali ai cananei, da Anubi alla canicola).
Che cos’hanno in comune Primo Levi e Richard Löwy?
Sono entrambi ebrei, integrati nel loro mondo, deportati ad Auschwitz sullo stesso convoglio. Ma sono soprattutto uomini impegnati per migliorare il mondo, il loro, il nostro.
Nel capitolo in cui descrivo il viaggio di Richard Löwy verso Auschwitz con le mie parole e con quelle di Primo Levi ho cercato di dare voce alla parole, scomparse, di Richard Löwy.
Vi leggo un capitolo del mio romanzo “NO VE DESMENTION – Richard Löwy e i ‘giusti’ della Val di Fassa”: Richard e Primo.
Quattro torture terribili vengono inflitte a Cristoforo: ferro, fuoco, frecce e spada. Cristoforo muore martire: ma la sua fine è l’inizio di una nuova vita non solo per lui, ma anche per chi si converte e guarisce dalla cecità. Ora Reprobo, diventato Cristoforo, rinasce come san Cristoforo.
Cristoforo diventa uno splendido oratore: con le sue parole e il suo bastone che miracolosamente fiorisce converte uomini e soldati e salva due donne mandate a sedurlo. ‘Ero Reprobo e ora son Cristoforo’: lo dichiara apertamente davanti al re Dagno che lo vuole mettere a morte in quanto cristiano. La sua sorte è già annunciata dal martirio di Aquilina e Nicea.
Il Mastelletta (che ha dipinto per il duomo di Carpi), Ansuino da Forlì (Capella Ovetari agli Eremitani di Padova) e il pittore di Hemblington ci mostrano predicazione e confronto con il re di Cristoforo, sempre meno mostro e più santo, votato al martirio.
Siamo al momento più importante. Cristoforo trasporta il Bambino dall’altra parte del fiume. Di tutta la storia di Cristoforo è la scena più rappresentata.
La vediamo insieme nella raffigurazione di Paolo di Visso a Castelsantagelo sul Nera: un’immagine davvero suggestiva con influssi germanici e tratti ancora medievali.
Grazie a Angela Torri – Ricciaspersa per queste belle parole.
NO VE DESMENTION (Priuli &Verlucca) di Chiara Iotti
Ho finito di leggere questo libro da qualche giorno, ma ho avuto bisogno di tempo prima di scriverne. La vicenda narrata mi ha molto coinvolta, per diverse ragioni: la Storia come ricerca di sé e dei legami che indubbiamente abbiamo con il passato; le Montagne e quella valle in particolare ( che conosco per via delle mie peregrinazioni montane), in cui il lettore è condotto con grande capacità evocativa; i Sentimenti che tracciano la via. Pur così intensa e tragica, la vicenda è portatrice di un messaggio di speranza, il bene emerge con tutta la sua forza anche nei momenti più disperati. Sono i ‘giusti’ che l’autrice indaga con delicatezza, le loro intimità a traghettarci fuori dall’orrore. Li ho sentiti vicini, vivi, coloro che scelgono il bene, Löwy prima, i valligiani poi. Le due guerre, la Shoah, il parallelo con Primo Levi la cui somiglianza con Löwy è evidente; ecco che ogni pagina è un rivolo che si riversa nel grande flusso della storia umana restituendocene un frammento.
Jacopo da Varagine ci racconta l’incontro fra Cristoforo e l’eremita che lo salverà. In molte raffigurazioni, soprattutto di area germanica, l’eremita è sempre lì, ad illuminare la traversata di Cristoforo, di giorno e notte: insomma, h24!
Lo cercheremo sulla facciata dell’Hotel Dolomiti a Canazei, a Ciasa Ischiazza a Moena, sulla facciata della Chiesa di San Martino a Malvaglia (Canton Ticino) e nell’affresco di Paolo di Visso salvato dalle macerie del terremoto del 2016.
Continuiamo con la Legenda aurea di Jacopo da Varazze.
Cristoforo va alla ricerca dell’uomo più potente da servire. E chi sarà? Un re? Il demonio? Delusioni di un giovane in ricerca.
Partendo dagli affreschi della Cappella Ovetari agli Eremitani di Padova, dal San Cristoforo di Shorwell (Isola di Wight) e di una xilografia rinascimentale, seguiremo Cristoforo nella sua ricerca.
E con noi ci sarà anche Jannacci!
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In viaggio con san Cristoforo. Pellegrinaggi e devozione tra Medio Evo e Età moderna, a cura di Loretta Mozzoni e Marta Paraventi, Giunti, 2000